Questo libro, “L’uomo che sussurrava ai cavalli“, non l’ho mai visto ma ho apprezzato molto la trasposizione cinematografica con Robert Redford e il caso vuole che abbia una copia del libro perchè lo lesse mia mamma. L’autore è Nicholas Evans.
Oltre alla pagina 101, che trovate dopo il break, vorrei riportarvi anche l’incipit che trovo molto particolare:
Tutto era cominciato con la morte e con la morte si sarebbe concluso. Ma se in quel mattino così infausto fosse stata proprio l’ombra fuggevole di un presagio ad attraversare i sogni della ragazzina e a svegliarla, lei non l’avrebbe mai saputo. Tutto ciò di cui si rese conto nell’aprire gli occhi fu che il mondo appariva in qualche modo diverso
La pagina 101:
Si era immediatamente scatenata alla ricerca del cavallo più feroce di tutta l’Inghilterra, e l’aveva puntualmente trovato.
Era uno stallone di nome Cruiser, uno dei più veloci cavalli da corsa del Paese. All’improvviso si era trasformato nell'”incarnazione del demonio”, e gli era stata messa una pesante museruola di ferro per impedire che uccidesse altri garzoni di stalla. I proprietari lo tenevano in vita soltanto perchè avevano intenzione di farne uno stallone da monta, e per rendere l’operazione più sicura progettavano di accecarlo. Sordo a ogni ammonimento, Rarey era entrato nel box in cui nessuno aveva più osato mettere piede, chiudendosi la porta alle spalle. Tre ore dopo ne era emerso con Cruiser, senza museruola e docile come un agnello. I propietari erano rimasti così colpiti che gli avevano regalato il cavallo. Rarey l’aveva riportato con sé nell’Ohio, dove Cruiser era morto il 6 luglio del 1875, ben nove anni dopo il suo nuovo padrone.
Annie uscì dalla biblioteca e scese la scalinata fino ai due imponenti leoni di marmo che si affacciavano sulla strada. Il traffico passava rombando e il vento s’incuneava glaciale nelle gole formate dai grattacieli. L’aspettavano ancora tre o quattro ore di lavoro in ufficio, ma decise di non prendere un taxi. Aveva voglia di camminare. L’aria fredda poteva forse aiutarla a dare un senso a ciò che le turbinava nella mente. Comunque si chiamassero, ovunque fossero vissuti, tutti i cavalli di cui aveva letto le storie avevano lo stesso volto: quello di Pilgrim. Erano le orecchie di Pilgrim che ascoltavano l’incantesimo indiano bisbigliato dall’irlandese, erano gli occhi di Pilgrim che guardavano al di sopra della museruola.
Annie sentiva che stava accadendole qualcosa, qualcosa che non era ancora in grado di definire. Nel corso di quell’ultimo mese aveva osservato la figlia percorrere in lungo e in largo l’appartamento, dapprima servendosi del deambulatore, quindi del bastone. Sia lei sia gli altri in famiglia l’avevano aiutata ad affrontare il terribile, monotono, carico quotidiano di esercizi di fisioterapia, ora dopo ora, finchè le loro membra non avevano preso a dolere quanto le sue. Dal punto di vista fisico, Grace aveva accumulato uno dopo l’altro una serie di piccoli trionfi. Ma Annie si era resa conto che, contemporaneamente, con cadenza pressochè identica, qualcosa dentro di lei stava spegnendosi.