Eccomi con la recensione dell’ultimo capitolo di Mission: Impossible – Rogue Nation, che in italiano è stato tradotto alla lettera “Stato canaglia”. Che dire, non si discosta molto dal classico Mission: Impossible ma è sicuramente un film meno disinvolto rispetto a Protocollo fantasma che mi era piaciuto davvero molto e dal quale sono passati ben 4 anni!
La trama ci racconta di un eterno Ethan Hunt che si ritrova forzatamente escluso dalla divisione IMF dopo che la stessa è stata chiusa e inglobata nella CIA per via del suo operato apparentemente poco ortodosso al punto da spingere ogni volta i rapporti diplomatici al limite (ricordiamo infatti che in Protocollo fantasma era saltato in aria il Cremlino).
Cosi si ritrova da solo a combattere contro quello che è noto come “Il sindacato” ovvero un gruppo di ex agenti segreti super addestrati.
L’idea iniziale è a mio avviso ottima, mi piacciono le cospirazioni in questi film motivo per il quale non vedo l’ora di vedere 007 Spectre in uscita prossimamente, ma fin da subito si notano una serie di errori nella sceneggiatura da far impallidire.
Alert spoiler
Il film inizia con una scena tanto pubblicizzata in fase promozionale in quanto Tom Cruise prende parte di persona (essendo lui lo stuntman di se stesso) alla sequenza: la scena dell’aereo in fase di decollo è tanto bella quanto rovinata da una serie di battute che ne smorzano totalmente il livello di tensione.
Non si capisce poi per quale motivo il capo del sindacato debba sfidare apertamente ed in prima persona Ethan Hunt giustiziando una ragazza davanti a lui e catturandolo al posto di ucciderlo. Sembra volesse informazioni, peccato che nel proseguo del film non si capisca assolutamente che tipo di informazioni potessero servirgli da lui (anzi, apparentemente nessuna). Quindi in una sola mossa il tanto segreto Sindacato che nemmeno la CIA crede che esista si “inimica” l’unico uomo che apparentemente può dargli dei problemi quando avrebbe potuto invece terminarlo con una banalissima trappola.
Ma ci sta, è Mission: Impossible dopo tutto…
Come dicevo, la trama è buona ma elaborata male tanto che alla fine il Sindacato passa molto in secondo piano al punto che la storia sembra più una telenovelas tra Ethan e l’agente infiltrato dell’MI6 Iilsa Faust (interpretata da Rebecca Ferguson) e di come lei deve mantenere la fiducia del cattivo.
Anche le scene d’azione non mancano, ma non convincono fino in fondo:
- abbiamo il decollo dell’aereo, come già detto tanto fumo e poco arrosto
- abbiamo una nuotata in Marocco all’interno di un quartier generale iper tecnologico… non per voler sminuire il Marocco ma l’idea mi è parsa poco credibile.
- un super inseguimento in moto indossando solo un paio di occhiali: ok che gli occhiali sono made in Italy e sono contentissimo di questo ma qualcuno tra regista e sceneggiatori ha mai provato ad andare anche solo ad 80 kmh senza una visiera davanti? Nessuno? ah ecco…
- e per finire abbiamo l’inseguimento finale… a piedi. Nel momento in cui dovresti dare il meglio, in cui dovremmo essere incollati alla poltrona, partorisci un inseguimento a piedi mano nella mano? Regista allora ci vuoi proprio fare del male!
Lo stesso Ethan del resto mostra in questo capitolo di essere meno infallibile del solito pur essendo fisicamente ancora in stato di grazia e la presenza degli altri membri della squadra IMF fatta eccezione per Benji (Simon Pegg) si riduce quasi al ruolo di comparsata.
Insomma, concludendo il film si può riassumere come “il solito Mission: Impossible”, senza nulla di particolarmente memorabile.