Christopher Robin avrà modo di ritornare in quel bosco che ha segnato la sua infanzia per far conoscere al mondo un orsetto un po’ sciocco
Prima di recensire il film Ritorno al Bosco dei 100 Acri devo fare una premessa doverosa: per me e la mia famiglia Winnie the Pooh rappresenta una costante quotidiana che ci accompagna dal mattino alla sera.
Ho due bambini: il piccolo di 4 anni in passato aveva scelto Tigro come suo compagno di gioco poi rimpiazzato da un panda, ma il più grande di 7 anni ha come peluche un Winnie the Pooh comprato quando aveva 1 anno.
Dire che è il suo peluche è estremamente riduttivo in quanto per anni è stato il suo compagno di gioco e amico, e tutt’oggi lo abbraccia di notte per andare a dormire e lo saluta la mattina quando si sveglia.
E’ la classica coperta di Linus, il suo oggetto transizionale che ad alcuni bambini serve per abbracciare l’idea che il mondo abbia un’esistenza oggettiva.
Winnie quindi per noi è come uno della famiglia, ragione per cui vedere il film Ritorno al Bosco dei 100 Acri si trattava di un dovere, ma in fondo anche di un estremo piacere. Fine della premessa.
Il film inizia dove era terminato il classico Disney ovvero con Christopher Robin che cerca di spiegare a Winnie il significato del dolce far niente e del fatto che lui, iniziando la scuola, forse dovrà iniziare a smettere di farlo (il niente).
Non si tratta di un film d’animazione ma di un film vero e proprio con l’aggiunta di una computer grafica all’altezza quando si deve dare la parvenza del peluche animato: sarà la voglia di emulare il fenomeno Paddington ma mi è comunque piaciuto vedere i personaggi reali mescolarsi ai colori forse un po’ troppo slavati o desaturati dei personaggi del racconto.
Di tutti i protagonisti però, quello che mi è piaciuto meno come resa su schermo è stato proprio Winnie: forse un po’ diverso da come se lo immaginerebbe un bambino abituato al cartone o in alcune inquadrature privo di lineamenti, mentre gli altri mi sono parsi più verosimili. Il migliore? Uffa, senza dubbio.
Senza voler spoilerare il film continua nella quotidianità della vita di un Christopher Robin ormai adulto e affannato dai problemi della vita reale che deve far fronte alle stramberie dei suoi vecchi amici recuperando quella parte di bambino che si era ormai smarrita.
Il mio dubbio maggiore prima della visione riguardava il fatto che non essendo un film d’animazione potesse contenere dei momenti che per un bambino possono apparire “vuoti” o noiosi ma per fortuna sebbene ci siano dei dialoghi che tendano ad andare in quella direzione sono nel complesso molto limitati.
Il titolo originale del film infatti è “Christopher Robin” e questo la dice lunga sul fatto che il titolo italiano possa dare un’idea diversa di quello che si sta andando a vedere.
Il film prende ispirazione a mio avviso da Hook, con l’idea di un ritorno ad un mondo immaginario, ma nel cercare di emularlo si dimentica di arricchirlo così che al posto di un’avventura si ha l’impressione di vivere più una passeggiata.
Insomma: non sarà un film spensierato come il primo Winnie the Pooh o esilarante come “Nuove avventure nel Bosco dei 100 Acri” ma se i vostri bambini hanno vissuto un periodo di gioia insieme a Winnie ed i suoi amici allora non potete mancare all’appuntamento.